Intervista al Maestro Hitohira Saito – Self&Dragon magazine: Il Kokyu in Aikido
Intervista realizzata nel novembre 2019 a Rennes (Francia) da Olivier Eberhardt.
Traduzione in inglese: Charles Durand / Olivier Eberhardt
(Qui l’articolo originale)
Traduzione in italiano: Gian Luca Guerra (www.dentooiwamaryu.it)
Il numero di aprile 2020 della rivista Self & Dragon è appena stato pubblicato. Molti insegnanti hanno dato un contributo alla trattazione del tema dell’ “Ushiro Waza”. È anche un’occasione per scoprire l’intervista con il Maestro Hitohira SAITO rilasciata a Rennes durante il suo ultimo stage internazionale tenutosi nel novembre 2019 sul tema del Kokyu in Aikido.
Oltre a condurre il 5° seminario internazionale sull’Aikido organizzato di recente a Rennes da Olivier Eberhardt, SAITO Hitohira Sensei, caposcuola dell’Iwama Shin Shin Aïki Shuren Kai, si è impegnato in uno degli aspetti fondamentali dell’Aikido: il Kokyu.
- Maestro Saito, secondo lei può esistere una tecnica “waza” senza che vi sia nozione di Kokyu, qual è il suo vero significato?
La parola “Kokyu” si riferisce alla respirazione. Sia l’aria che si inspira che quella che si espira. Questo è senza dubbio il significato comune della parola “kokyu”. A seconda della scuola o della disciplina praticata, questa parola può avere altri significati. O-Sensei usava spesso questa parola così come il termine “iki”, che significa “respiro-respiro”. È difficile descrivere in dettaglio il significato della parola “Kokyu”, ma il suo significato tende al concetto di unificazione.
In Aikido, il principio attivo di “Kokyu” (Kokyuryoku) si manifesta nelle tecniche mediante movimenti circolari e spiraliformi che consentono proprio questa unificazione. Le linee rette sono importanti per la pratica delle armi perché consentono di tagliare o bucare con forza. Quando si parla di “Taijutsu” (lavoro a mani nude), vengono principalmente utilizzati movimenti curvi, circolari o spiraliformi.
Qualunque sia la morfologia del partner, esiste sempre un modo per fargli perdere l’equilibrio. In una posizione eretta naturale il corpo umano è forte sui lati ma debole sul davanti e sul retro. Nella posizione “Hanmi” è l’opposto. Il corpo è forte nella parte anteriore e posteriore ma debole sui lati. A seconda della situazione, spirali e cerchi aiutano a guidare il corpo del partner verso il suo punto di squilibrio. Per fare questo, non si tratta di tirarlo in una direzione o nell’altra, ma di adottare la posizione appropriata che consenta di spingerlo “Oshi-dasu” verso questo punto di squilibrio senza che si verifichi alcuna competizione fisica con lui.
Più ampie sono le tecniche, più è difficile adottare e mantenere questa posizione ideale. È indispensabile e necessario trovare l’angolazione giusta rispetto al partner, mantenere il proprio equilibrio ed applicare un movimento di spinta in una spirale.
Se tutte queste condizioni sono soddisfatte, si arriva ad un punto in cui l’unione con il partner avviene naturalmente. Siamo “in fase perfetta” con il partner, come se fossimo “uno solo”. È questo lo stato particolare descritto dalle parole “kokyu” e “iki”. Questa fase di unificazione, equilibrio e armonia con i fianchi è molto stabile, quindi permette al “kokyuryoku” di esprimersi liberamente.
Quando ci esercitiamo sul “Morote-dori” (presa con entrambe le mani del polso), questo è esattamente ciò su cui stiamo lavorando: equilibrio, angolo, spirale e spinta proveniente dai fianchi. Lavorare di forza su questo attacco non ha alcun senso … È in questo movimento a spirale che il corpo del partner viene assorbito, sbilanciato e portato a diventare un tutt’uno con il proprio corpo. Può quindi sprigionare questa forza attiva e sottile che caratterizza il “kokyu”.
Il cerchio e la spirale si ritrovano senza dubbio in tutti i movimenti dell’Aikido: Tai-no-henko, morote-dori kokyunage, shiho-nage, irimi-nage ecc.. In aggiunta a questo, in tutte le tecniche di Aikido, non si “tira” mai il partner per squilibrarlo e per proiettarlo. Lo si spinge sempre. Questo è davvero importante da capire. Non che non sia possibile sbilanciare il partner tirandolo ovviamente, ma ciò che caratterizza e rende interessante le tecniche di Aikido è l’uso di tutto il corpo attraverso un movimento circolare o a spirale per portare lo sbilanciamento. Da questo punto di vista, il judo e l’Aikido sono davvero molto diversi.
Le molte possibilità e le variazioni derivano dall’uso di movimenti a spirale. Puoi spingere il partner dentro o fuori dalla spirale. Questo porta alla distinzione tra le forme “omote” e “ura”. In tutte queste tecniche, posizioniamo il nostro corpo in modo tale da poter sbilanciare il partner, generare lo scaturire di questo punto di unificazione e distribuire questa forza (non muscolare) che ci consente di proiettare il partner. Ciò richiede un adattamento costante a seconda del partner, dei tempi, ecc.
Noi studiamo tutto questo durante il Keiko, l’allenamento. Con il suo corpo. Non con la testa. È solo con il corpo che si possono cogliere questi dettagli. All’inizio guardiamo e imitiamo. Quindi, nel tempo, con la ripetizione e mentre pratichi incessantemente le tecniche di base, questi principi vengono assimilati dal corpo del praticante. Ritengo che questa forma di apprendimento, attraverso l’instancabile ripetizione dei movimenti, sia valido per tutto il Budo e per tutti gli sport. Quando uno sportivo riesce a passare una bella palla al suo partner, è perché i due erano già in fase, in unione, in armonia, anche prima che la palla fosse lanciata.
Piuttosto che parole per spiegare e comprendere questi principi, O-Sensei ha detto: “Osserva, capirai!”. Le parole possono essere soggette a interpretazione e disorientamento. Quindi evitale il più possibile.”
- Maestro Saito, cosa pensa di questo 5° Seminario Internazionale a Rennes (Francia)?
Molti praticanti di tutti i livelli. di tutti gli stili e da molti paesi hanno partecipato a questo corso. In questa diversità, ciò che è importante è che ogni partecipante sia stato in grado di cogliere il significato di questo seminario. Ogni praticante ha le sue abitudini, le sue specificità ed il mio scopo non è quello di imporre di fare in un modo o in un altro. Il mio scopo è quello di risvegliare i praticanti ad altri modi di pratica, altre forme, altri modi di fare le cose e riflettere sulla pratica dell’Aikido.
Durante lo stage, voglio particolarmente interessarmi ai principianti e ad indirizzarli. Tutti i graduati con hakama hanno più o meno esperienza e competenza, ma hanno una base su cui poter costruire. A volte capita anche che persino i graduati non siano in grado di muoversi. Ciò può essere dovuto al fatto che non hanno mai imparato a fare questo o quel movimento, o al fatto che non sono abituati a lavorare con prese potenti e solide come richiesto da O-Sensei. Ma per questi praticanti che possono aver avuto delle difficoltà, la cosa più importante è che sono stati in grado di sperimentare un tipo di lavoro molto vicino a ciò che è stato praticato sotto la guida diretta di O-Sensei.
In fin dei conti, non importa il reale livello tecnico dei praticanti e la loro capacità di eseguire bene le tecniche. Per me ciò che ha davvero senso è consentire loro di vivere un’esperienza autentica, conforme alla pratica di allenamento data dal Fondatore. Spero che questa esperienza possa essergli utile nel prosieguo della loro pratica una volta tornati nei rispettivi Dojo di appartenenza.
Potrei essere stato duro con alcuni praticanti durante il seminario, ma li amo tutti. Sulla terra, ognuno è diverso dall’altro, ma l’umanità è una e l’Aikido è una celebrazione di questa unità che va oltre le differenze.
Vorrei ringraziare di cuore Olivier ed i suoi studenti per la preparazione e la realizzazione di questo seminario.
Scarica l’articolo originale in francese
Intervista – Olivier EBERHARDT
Traduzione – Charles DURAND
Photos: Franck BOISSELIER